Saturday, February 10, 2007

Sensazioni lontane

E incontro di nuovo la luna nei suo occhi quando penso ai miei pensieri che puzzano di vecchio. Mi incanta la sua stranezza. Mi sfugge al momento opportuno. Sento il tempo conveniente di fuggire al mondo reale. È vuota come una zucca. Nel suo cervello frullano idee da sostituire con remissione. Speculo su quello che accade senza trarre troppe inutili conclusioni. E mi affascina. Getta ilarità nel mio degradato spazio sentimentale. Mi rende d’un tratto semplice divertito interessato al conflitto dei suoi “ma ma ma”. Ma che? Ritorniamo al fare le domande nelle quali la risposta è implicita? Nel frattempo mi annoio. Farei carte false pur di conservarla a quindici centimetri dal mio cono d’ombra. Dove sarà in questo momento? Sotto gli occhi dei cani da guardia del controregime? Loro fanno sempre tendenza…si sentono padroni delle loro formidabili certezze. Che potrei condividere con te? Valori, annunci, articoli di giornale, parole che fanno comodo, l’attitudine a fare da maestro, la santa vocazione a credere in un mondo migliore, qualche canzone fuori moda, due attori impegnati, un paio di scarpe vecchie…non è il momento. È il momento di mettersi a lavorare. Sono un signor sindacalista del far nulla. Sono un piccolo barista saccente. Sono il lavapiatti rivoluzionario. Sono la finestra del vicino che aspetta con passione le novità del quartiere. Sono un velocista che abbatte gli ostacoli. Sono la copia imperfetta del fuorigioco da moviola impazzita. Sono una serpe egoista. E se ti accarezzassi prima di andartene? E se per uno strano caso ti possedessi…come cambierebbero le mie opinioni? Teorizzo una fine criminale visti i precedenti a sfavore. Come cambia il tempo. Come non cambia la sostanza. Come non cambia la natura. Immagino gocce di pioggia cadere all’alba. Stona la presenza dei ricordi. Prende forma una nuova figura. Sei tu in tutto quel delicato tratto di spirito. Sei tu che faccio finta di ignorare. Sei tu che nascondo in sicuri sorrisi di convenienza. Sei tu che balli senza uno scopo. Sei tu nello sbattere delle ciglia. Sei tu nella penombra delle piccole cose. Sei tu nell’alimentare le battaglie del disobbedire. Sei tu che prendi tempo senza cercare una strada. Sei tu che non sai chi sei. Sei tu che mostri debole attenzione. Sei tu che sfuggi alle cose del tuo tempo. Sei tu che non ricordi le giornate andate. Sei tu nell’incertezza dei miei sguardi. E dall’altra parte ci sono io che gioco male. Non faccio caso a quello che dico. E come appaio ai tuoi occhi? Mi sento sedotto dal nichilismo che passa per la tangente di qualche punto di riferimento. Che sarà mai avvicinarti un’altra volta? Due vocali che suonano bene e il gioco è fatto. Una passeggiata tra lo smog della monotonia. Sentire lo sfrigolare delle giornate che passano. Regalarti qualche perla di saggezza del tutto inutile. E abbandonarsi immaginando di stare su un’amaca da soli con in sottofondo il mare infuocato che respira. Abbandonarsi nella più furiosa delle passioni dimentichi del giorno dopo. Abbandonarsi a quello che secoli di storia ci hanno insegnato. Chiudere i meandri del cervello per assaporare l’inconfondibile ascesa dell’oblio dei sensi. Spegnersi al termine delle prime luci del giorno. Assecondare l’impulso irrefrenabile del peccato originale. Rinunciare per pochi secondi a dare seguito ai primi sensi di colpa. Lasciarsi andare a peccaminosi istanti di ardente desiderio carnale. Osservare le reazioni degli altri. Passare la mano mentre qualcuno o qualcosa si insinua. Peregrinare nelle fondamenta di quello che diventerà intangibile. Non cercare di capire. Lascia che la carne si fonda con le sensazioni. Lascia che i tuoi occhi si chiudano in un soffio di nicotina. Avvicinati al sereno bloccarsi del tempo. Tocca con mano calda i colori che si affacciano dalla tua anima. Sprofonda nel sonno incosciente. Libera le energie di cui non conosci la provenienza. Fermati. Ascolta. Non ci sono obblighi da rispettare. Non ci sono doveri da osservare. Non ci sono pareri vincolanti. Respira. Blocca per un momento lo sguardo sul facile reale. Prova ad abbattere tutte le paure indotte. Alzati in volo sorretta solo dalla leggiadria. Comincia a danzare nell’aria. Lasciati trasportare dall’unico senso del fugace che esiste. Scivola sulle note di quell’arcobaleno che è possibile immaginare. Continua a dormire. Non svegliarti. Aspetta che le forze ritornino ad alimentare il tuo organismo perspicace. Avvicina le tue mani alle mie. L’esperienza finisce dove inizia la curiosità. Ci sveglieremo mai insieme per cominciare a ridere? Non ci arrenderemo mai al tutto funziona così? Quale storia riusciremo a scrivere insieme? Rimangono le parole dette e quelle sottaciute…rimane qualche immagine soffocante…rimani ancora qualche istante ad alimentare la fantasia...germoglia una vecchia idea con abiti tutti nuovi...si cerca di cancellare dalla mente la notte che porta via il giorno...nascondersi e nascondersi ancora sperando che una soluzione arrivi da sola a spiegare cosa si muove accanto senza un motivo apparente. Fruire di un minuscolo istante nel rettangolo magico di un letto. E poi tutto diventerà necessariamente nuovo. Scompariranno le prime idee su di noi. Ci rivedremo di nuovo davanti allo specchio. Pronti a ricominciare un nuovo tempo. Quando l’immutabile distrae la normalità. Quando la delicata parola fine si verrà a posare sui cambiamenti ai quali non ci si sottrae. E dirsi addio con la luce del giorno che cresce dentro e fuori. Addio è come ricominciare dagli stessi errori. Addio è guardare allo specchio le crepe dell’esperienza. Esiste ancora una normale morale nella poesia del lasciarsi andare senza remissione? La parola giusta è semplicità. Senza presunte patine accademiche. Senza contorsioni linguistiche. Ma è solo dei geni la via della semplice espressione di una qualsiasi profondità. A loro appartiene la perfezione della forma. In loro lo stile è natura che si fa sostanza. Nella loro fonte ci si abbevera. Da queste pagine si può solo immaginare una piccola esistenza come avviene per quei manifesti abbandonati scoloriti sulle mura delle città di periferia. Da queste pagine ci si accontenta di uno sguardo distratto come quelli destinati alla vetrine delle gallerie di città. Le anime si sono fuse nei progetti e nel reale. In una vita fatta di tanti piccoli pesanti ‘nonostante’ rimangono sempre le complicazioni dell’anima. Poniamo che non esistano aspettative definite dai ruoli. Poniamo che si proceda a prescindere dalle ombre delle apparenze. Poniamo che non esistano complicazioni affettive. Quanto resiste l’anima alla durata di questi nuovi preconcetti? Può l’anima essere immune da qualsiasi complicazione? Non esiste una risposta certa e definitiva. La risposta la si potrebbe immaginare sulla scorta delle esperienze precedenti. Una delle migliori immagini che descrivono questo stato d’animo è quella della cantina. Si scendono le scale come il ripercorrere delle sensazioni passate...si entra in una dimensione asettica con la temperatura costante come l’anima in preda al rifiuto del cambiamento…la luce fioca della candela rende gli oggetti nella loro dimensione originaria quasi a mostrare le origini attraverso i graffiti degli archetipi…gli scaffali sono polverosi…le bottiglie pazientemente dormono a raffigurare i sogni che osservano la vita reale…un silenzio puro riveste l’immobilità del luogo…spazio vuoto nei labirinti dell’inconscio…oasi del conscio flusso di ogni giorno che muore…una mano sicura si posa su una bottiglia…è quella giusta ma non se ne possiede la certezza…la si berrà perché rispecchia l’incertezza del divenire…il divenire nello scorrere di un calice di vino…e inerpicandosi si inebria di un frammento di senso che riporta la calma. Da una feritoia lontana l’immagine riflessa della luna osserva i movimenti della gente. Prima di diventare immagine era carne e sostanza. Una brutta complicazione l’ha portata sulla torre. L’indifferenza di chi adesso osserva. La mancanza di considerazione perenne. La divisione dello spazio con anime misere. Si muove nel silenzio delle cose. Contempla le nuvole accorgendosi di quanto siano simili al movimento degli astri. È solo una transizione. All’improvviso le si dischiuderanno le ali e inizierà il volo che non riposa nei pensieri dei romantici, che non è parcheggiato negli scaffali degli idealisti. Un volo all’altezza dei tempi, sopra la luce dei riflettori, sotto la gogna del logico compromesso. Sono ritornati. Lei con le mani sporche dopo un tentativo di ripulire la coscienza, lui con la sua cappa di inflessibili regole morali. Si sono incontrati durante le insolite ore pomeridiane. Hanno assaporato le gioie del corpo. Hanno visto l’accendersi delle luci dei lampioni sorvegliare il tramonto. Hanno filtrato la luminosità di quelle sensazioni che si vivono in silenzio. Il sonno li ha separati, il sogno divisi, la mattina successiva il richiamo dell’odore dell’altro si è fatto sempre più forte. È iniziato tutto così. Un semplice contatto visivo. Il viscido arrivo del flusso dei desideri. È bastato un attimo per perdere tutto e riconquistarlo. I numeri sul calendario si susseguono, ma non indicano nulla. Un vortice li ha rapiti dallo spazio esterno. Le formule matematiche alla base del concetto di predestinazione sono parte del vortice. E gli odori diventano note senza notazione. Fluttuano nell’aria a colorare l’essenza delle emozioni. Si fanno barriera invisibile contro la curiosità di chi origlia senza rispetto. Crolla ogni pensiero di normale assuefazione alla vita. È la vita stessa che balla sul suo colorato tappeto volante. È la vita che viaggia più veloce del tempo che trascorre. È la vita che si nutre della sua stessa energia. È la vita che riluce di autenticità. È la vita che non si stanca mai. È la vita che pulsa di misteriosa forza. È la vita che non conosce la resa. È la vita che si genera da un’idea, la sola unica idea…